Il fenomeno del cd. Co-housing sta prendendo piede in Italia sulla scorta del successo che ha riscosso nell’esperienza nord europea e nord americana.
A differenza di quanto accade in tali paesi, nei quali il co-housing costituisce un istituto giuridico riconosciuto e compiutamente disciplinato dalla legislazione, in Italia non esiste una normativa specifica di riferimento che definisca e regolamenti il co-housing in modo specifico ed autonomo rispetto ad altri fenomeni socio-immobiliari parzialmente assimilabili al co-housing solo per alcuni degli aspetti peculiari che caratterizzano tali diverse figure.
Ciò non comporta di certo che il co-housing rappresenti un indirizzo immobiliare privo di una disciplina giuridica, come tale esposto a margini di incertezza che lascino i soggetti interessati a tali iniziative privi di adeguato riferimento giuridico e di efficace tutela.
Il co-housing in Italia trova infatti una disciplina giuridica idonea a regolamentare tutti gli aspetti inerenti tale – per il nostro Paese – nuovo modello abitativo, ma non essendo ancora stato definito un corpus normativo a sé è necessario applicare in via analogica norme previste per altri istituti di diritto.
Per tal via, ferma restando la applicabilità ordinaria disciplina giuridica per la compravendita di immobili a tutti quei casi in cui il co-housing si fondi sull’acquisto di unità immobiliari facenti parte di un complesso edilizio oggetto della co-residenza, occorre individuare una disciplina specifica per l’acquisizione, gestione e fruizione degli spazi e dei servizi comuni a disposizione dei co-housers e che costituisce una delle peculiarità caratterizzanti la coresidenza.
Al riguardo, si potrà fare riferimento alle norme che il codice civile offre in tema di condominio relativamente alle parti comuni, mutuandone finalità e disciplina attinente alla gestione, alla partecipazione alle relative spese, alla fruizione e all’acquisizione degli inerenti diritti ed obblighi.
Per quanto attiene poi la natura del soggetto promotore dell’iniziativa di realizzazione della coresidenza, questo può essere il soggetto già proprietario del complesso edilizio che viene riconfigurato anche urbanisticamente al fine di realizzare una coresidenza, ma può essere anche un insieme di soggetti che intendono realizzare direttamente il complesso in cui desiderano poi instaurare la propria coresidenza.
Sotto tale ultimo profilo, già nelle esperienze giuridiche di Paesi che hanno sperimentato e sviluppato l’esperienza della coresidenza, ci si è interrogati su quale fosse la natura giuridica di una simile forma aggregativa finalizzata alla realizzazione e fruizione di una co-house.
Nel nostro Paese possiamo trovare riscontro a tale domanda attingendo all’esperienza di sviluppo abitativo degli anni ’70 e ’80 che ha visto come uno dei principali volani il modello giuridico della cooperativa edilizia.
La disciplina giuridica della cooperativa edilizia consentiva infatti la costituzione di un soggetto giuridico il cui scopo era quello della realizzazione del complesso residenziale per soddisfare le esigenze abitative dei soci che dunque, una volta ultimata la realizzazione del fabbricato di cui – sotto taluni profili – erano formalmente essi stessi i costruttori, ne acquisivano la proprietà, sia pure condizionata da un vincolo di inalienabilità posto a garanzia da possibili intenti speculativi.
Alcuni hanno poi accostato alla ipotesi della costituzione di un gruppo di soggetti interessati a realizzare una co-house, alcuni modelli giuridicamente non del tutto assimilabili, quali quelli delle associazioni culturali, di promozione sociale, onlus e della fondazione che se pure in talune circostanze possono offrire anch’esse una disciplina giuridica utile a regolamentare specifiche esigenze presupposte all’iniziativa di co-housing, sotto altro profilo, proprio per le peculiarità che ne caratterizzano la disciplina giuridica, non possono essere prese a riferimento scontato e generale.
Interessante da ultimo ricordare come tramite il ricorso a forme giuridiche quali la cooperativa, sia possibile anche collegare il co-housing ad esigenze connesse di condivisione della attività lavorativa comune ai coresidenti, come nel caso di aziende agrarie di cui i coresidenti siano soci o comunque lavoratori, cosa che avvicina molto il concetto di cohousing a quello della cd. comunità intenzionale oggetto di proposte di legge che negli ultimi anni sono state presentate onde raggiungere una disciplina giuridica autonoma e completa.
Informazione a cura dello studio legale
Avv. Filippo Marcacci
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